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Il superbo non affonda mai dopo la maschera che porta

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L'uomo perbene , allorché nudo, nel dubbio, chiamò.   Il superbo , d'orgoglio mai spoglio, indolente, sbadigliando, rispose. [ Post Scriptum ] Il superbo è altezzoso e spesso nel torto perché accecato dall'innato e insano sentimento d'orgoglio col quale al mattino si veste. Non conosce l'accezione del termine perdono. E mai lo udirete invocarlo. Mai per primo rincorrerà il chiarimento al castello di fumo da esso stesso forgiato. Tuttavia, laddove del saluto ancor vi fregiasse , gonfio e tronfio, scoverà finanche il tempo per rispondervi. Ma non ne siate troppo felici: il superbo parla, ma non ascolta. Fin dall'inizio è conscio che la sua posizione è l'unica posizione. E sapete il perché? Perché lui è il Superbo.

La strana morte di Edgar Allan Poe (parte II)

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Il Corvo di Edgar Allan Poe (illustrazione di Gustave Doré) Come abbiamo visto nella prima parte , il 27 Settembre 1849 , il vedovo Edgar Allan Poe deve recarsi a New York per sbrigare alcune faccende. Il matrimonio con la sua prima fiamma ( Sarah Elmira Royster )   è già stato programmato e verrà celebrato al suo ritorno. La donna, per amore di Poe,  ha scelto di rinunciare a una grossa fetta del patrimonio ereditato dal defunto marito.   Si imbarca quindi sul battello che collega Richmond (Virginia) a Baltimora (Maryland) e che arriverà in perfetto orario il giorno seguente ovvero il 28 Settembre.     A quel punto si perdono le tracce. Per  cinque giorni, del famoso scrittore non si saprà (ufficialmente) un bel niente. Buio pesto.     La famiglia lo ritroverà grazie a un biglietto che un certo signor Walker invierà al Dr. J.E. Snodgrass  (medico e amico di Poe) di Baltimora: << Caro signore, c'è al Ryan's 4th W...

La strana morte di Edgar Allan Poe (parte I)

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Edgar Allan Poe Baltimora. Nosocomio universitario. Secondo piano. 5 Ottobre 1849.      << Reynolds! >>, urlava il moribondo in preda al delirio. << Oh, Reynolds... >>, si contorceva nel letto con gli occhi infossati, i capelli corvini e il volto pallido.   Gli sguardi dei medici s'avvicendavano in circolo, spaesati.    Quell'uomo stava per andarsene. Era chiaro. Ma il punto era un altro: perché? Come c'era finito in quel letto d'ospedale e in procinto delle nozze? Con indosso un pantalone (più largo d'oltre due taglie) di gabardine da quattro soldi, un paio di scarpe consunte e un cappellaccio da spaventapasseri.     Chi era quell'uomo? E soprattutto, chi era Reynolds?    L'uomo è  Edgar Allan Poe . Uno dei più grandi e influenti scrittori americani e padre indiscusso della letteratura poliziesca (o del Giallo, come solo in italia si usa), filone inaugurato con il racconto  I Deli...

Il viaggio di G. Mastorna - Il film maledetto di Federico Fellini

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Il film maledetto di Federico Fellini Questa è la storia di un film. Ma non uno qualunque. Uno con budget da capogiro e attori in lizza per il ruolo di protagonista del calibro di Mastroianni, Peck, McQueen, Newman e Tognazzi. La direzione dei lavori? Affidata al più blasonato dei registi in circolazione, con tre statuette hollywoodiane (saranno cinque, a fine carriera)  a cui delegare le presentazioni. Questa è la storia di un film ove si intrecciano la realtà e il peccato, la depressione, la morte e l'aldilà, la superstizione, ma soprattutto il sogno, che brucando oltre la mente si fa incubo. Cominciamo il racconto da una località balneare, da una abitazione e da un uomo azzimato che siede in veranda.  La località è Fregene, dove l'uomo si è trasferito da poco assieme alla moglie; prima vivevano a Roma, in un attico di lusso al quartiere Parioli: civico 141 di via Archimede.  L'uomo seduto in veranda non è solo azzimato, ma è pure robusto e con la capigliatura folta pet...

La notte del sesterzio (Capitolo 1)

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Latina, 7 novembre 2014 ore 07.00 << Aiuto! >>, urlò l’uomo robusto col k-way agitando le braccia a tutto tondo. << Uomo in acqua! Aiuto! >>, gridava come un ossesso mentre tagliava la strada di corsa. L’ombrello gli sfuggì di mano e l’impeto del vento lo fece piroettare una, due, tre volte. Ripiombò sulla carreggiata accasciandosi nel mezzo di una pozzanghera, a un palmo da un automobilista che inchiodò con un vigoroso stridore di freni.    L’uomo ch’era alla guida si precipitò fuori dall’abitacolo incurante della coda che, pigramente, s’andava accumulando dietro i fari del suo vecchio maggiolino color panna.    Lo raggiunse che ancora si dimenava e chiedeva aiuto sporgendosi con la testa oltre la struttura di protezione del ponte. Sotto i loro piedi, gonfio,  scorreva il Canale delle Acque Medie. << Che cosa è successo? >>, domandò l’automobilista con la voce smorzata dall’affanno.    Lo sguard...

Tutto inizia. Il meglio finisce. Perché mai diventi il peggio.

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Tutto inizia. Il meglio finisce: perché mai diventi il peggio. [ Post Scriptum ] La riflessione di cui sopra prende spunto da certi rapporti sentimentali. Rapporti ove la passione e globalmente l'amore sembrano destinati all'immortalità.  Tuttavia, talvolta, anche quei rapporti che parevano indissolubili, speciali, sono destinati a finire. Il tempo logora . Il tempo sa come rendere l'impossibile, plausibile. E quando la passione è stata travolgente, parimenti, anche la fine può confluire in azioni contrastanti, esasperate... Ci si vomita addosso di tutto, specie quando una delle parti è ancora fortemente innamorata e, destabilizzata, si vede cadere il mondo addosso. Ecco, quando un rapporto è stato davvero importante, credo che la mossa più ragionevole sia quella di proteggerne la memoria e scovare la forza, in qualche modo, di fermarsi un attimo prima: Perché mai (ciò che a un tempo fu il meglio) diventi il peggio .

Il vecchio e il ragazzino

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  Latina, 5 novembre 2014 Al vecchio brillarono gli occhi.     Si fecero zuppi e il verde dell’iride parve striarsi d’azzurro, come il colore che alle volte prende il mare. Ed era sempre così, quando qualcosa o qualcuno gli riavvolgeva il nastro dei ricordi.    Se ne stava appollaiato a un margine del marciapiede quando il ragazzino gli porse il piccolo fagotto avana. Un mezzo toscano gli tremava fra le labbra secche, tagliuzzate. La schiena, ch’era arcuata, dondolava contro un lampione verde bosco scorticato da graffiti e, sulla cui sommità, l’illuminazione vestiva le pieghe d’una coppia di caschi arrangiati schiena contro schiena, a mo’ di campanelle. Le stesse che, a un tempo, illuminavano le vetrine della Standa.    Eh, già… Perché una volta là c’era la Standa che occupava due piani del palazzo, mentre all’ultimo, ci abitava lui. Ma solo come pied-à-terre , perché lui, il vecchio, di appartamenti non ce ne aveva mica uno solo. Così come di Mas...

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