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La conta dell'eternità

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Le cercai una mano. «Facciamo l'amore?», gliela buttali lì, così.      Pervenni alle dita, che come gliele sfiorai, s'arricciarono: c ome una chiocciola che d'improvviso rincasa.      Con la palma le circondai il pugno: g elido.      Curioso però , pensai. Proprio lei ch'era sempre stata la mia stufetta , così l'avevo ribattezzata sotto le coperte.      Quando fa freddo e ti infili a letto, i primi minuti sono quelli clou : terra di nessuno. Non fai neanche a tempo a formulare un pensiero che abbia un capo e una coda. Una serie di brividi si propagano lungo la schiena, il solo bisogno che senti è quello di scaldarti: freghi le mani, agiti i piedi: scalci.      Io m'attaccavo a lei, ch'era sempre nuda. Intrecciavo le gambe alle sue, ch'erano fuscelli lunghi e levigati. Me la stringevo. L'attiravo al petto come se fosse d'un materiale malleabile. Come se potessi, a poco a poco, farla rientrare per intero nel mio abbraccio, avido. Ed era l'illus

Ed è già giorno, oramai

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Se conoscessi le lingue, saprei a chi pensare, e cosa dimenticare. Se fosse notte, ed io in sentimenti, saprei a chi scrivere. Se avessi un barlume, lo spezzerei per farne un faro e dipanare quel dedalo che tardivo riconosco. Se conoscessi. Se fosse. Se avessi. Ma io non conosco. Non ho. Ed è già giorno, o ramai.

L'imbroglio della notte

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Vorrei che la notte mi abbracciassi, perché io non debba lottare a più d'un palmo dal tuo seno. Vorrei che la notte mi strappasse l'udito, perché io non sia più costretto ad ascoltare quello che vedo. Vorrei che la notte, vigliacca, non venisse più di notte, perché io, ad armi pari, la possa fronteggiare. Vorrei che la notte mi gridasse in faccia quello che non m'hanno mai nemmeno sussurrato, perché io possa credere. Vorrei che la notte non mi facesse più paura, mentre sono là, comodo, che non l'aspetto. Ma lei arriva, sempre. Ed io sono solo.

Sono abituato agli abbagli

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Sono abituato agli abbagli.      Alla mia età dovrei, tutto sommato, averci fatto il callo.      Ed è così, in un certo senso.    Tuttavia, c'è ancora una porzioncina che m'appartiene, quella che tradisce l'avvedutezza a favore della pancia, che tutt'ora sbalordita s'inalbera.      T'affanni alla ricerca delle mele più belle, perché ciò che è importante merita il tuo tempo, fosse anche l'ultimo. E t'accorgi che una volta a casa, svuotato il cesto, il premio si risolve in un mero far di conto. In fondo, ti dici, quattro mele rosse o quattro mele gialle o quattro mele col lepidottero fanno sempre quatto mele per chi non respira il tuo affanno, non piange le tue lacrime, e non anela a guardare le tue spalle.      Sono abituato agli abbagli.      Per questo ho smesso di fare il cercatore, di mele , nel mucchio.     Adesso me le faccio comperare: al mercato, un tanto al chilo.

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