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Dita sparse

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  Oggi ho veduto le nostra dita sciogliersi, e i nostri passi farsi binario: così vicini da adocchiarsi e, purtuttavia, così limpidi nell'efficace  precludersi . Mi viene da pensare a quando avevo sei anni: il primo giorno di scuola. Era la prima volta che esperimentavo il sentimento del distacco dalla famiglia: all'asilo non c'ero mai stato. La mia mamma mi diede un bacio nell'atrio, si sganciò dalla mia mano e mi spinse ad entrare in quella che tutti chiamavano aula e che, per cinque anni, avrebbe fatto la staffetta con casa mia. Normale. Banale. Eppure, quello stato d'animo m'è così vivido , nonostante i quarant'anni passati. Nessun altro primo giorno di scuola, nemmeno quello della maturità, ha saputo insegnarmi meglio che, per quanto amore possa ruotarti attorno, ci sono viaggi che vanno avviati da soli. Se mi chiedessero: Cosa ti manca, oggi? Risponderei: Mi manca inciampare in te, oggi. A domani, penseremo domani.

Giallo italiano: MORTE DI UNA COMMESSA (bonus Capitolo 2)

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  2 Sabato | ore 18:00 La BMW del commissario Massimo Del Monaco arrivò al semaforo giallo in fondo al Pantanaccio con il lampeggiante acceso. Il climatizzatore, regolato alla massima potenza, ghiacciava i vetri che, intimiditi dagli altoparlanti, tremavano indefessi. La batteria di Ulrich aveva appena tuonato sull’arpeggio in MI minore di Nothing Else Matters: la voce sporca di James Hetfield si diffuse nell’abitacolo.  So close no matter how far Couldn't be much more from the heart Forever trusting who we are And nothing else matters Gettò un’occhiata furtiva all’incrocio e svoltò a sinistra pestando violentemente sull'acceleratore.   La carreggiata era stretta e alberata: una schiera di eucalyptus frangivento svettavano lungo i margini, scortando la strada per oltre quattro chilometri fino all’innesto con l’Appia. Proseguì a velocità sostenuta per un bel pezzo. Dopo il capitello votivo, sollevò il piede dal gas viaggiando a passo d’uomo, finché non vide spuntare die

Giallo italiano: MORTE DI UNA COMMESSA (bonus Capitolo 1)

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  1 Lidia se ne stava lì, in piedi, con le reni addossate allo stipite della porta e lo sguardo trasognante. I raggi del primo mattino filtravano dalla tenda della finestra grande, e le inondavano il viso d'arcani arabeschi. Un andirivieni luminoso e tiepido che giocherellava con gli occhi, assottigliandoli, nel mentre che le iridi sfavillavano cesie. Dentro il suo vestitino di chiffon aveva assunto una posa da funambola, con le gambe incrociate e gli stivaletti uno avanti all’altro. Una borsetta a tracolla color beige, in pendant con le calzature, le scendeva lungo un fianco fino all’attaccatura della coscia. Un braccio le cadeva mollemente lungo il corpo, mentre l'altro, il destro, figurava sollevato all’altezza della spalla, e nell'incavo della mano, una ciocca di capelli scivolava morbida. Lenta, incessante, per incanto di quelle dita così finemente affusolate e toniche, come quelle di un’arpista. Alla sommità le unghie: laccate d'un rosa confetto, in nuance con

MORTE DI UNA COMMESSA

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Anni or sono andai a trovare un mio vecchio insegnante delle scuole superiori. Era un quarantenne alto, sportivo, che portava una barba color tabacco che gli adornava il volto in modo arruffato, dando l'impressione d'essere un tutt'uno col groviglio di capelli che gli copriva la testa. Ma soprattutto era un matematico e abile programmatore: un fuoriclasse in ambo gli ambiti. Eccentrico, sarcastico e spesso al centro di accese diatribe che non risparmiavano il corpo docente. Per me era il numero uno: ho imparato più da lui che da qualsiasi altro; ed ero sempre dalla sua parte, anche quando questo significava remare contro la maggioranza, studenti o insegnanti che fossero. Diventammo amici, tant'è che, a conclusione degli studi, mi invitò a casa sua per mostrarmi quella che aveva ribattezzato la stanza sacra , ovvero lo studio ove lavorava ai suoi progetti e nel quale trascorreva il tempo migliore. Al centro della grossa camera, v'erano scrivania e computer. Tre delle

Dino Buzzati: Lo strano viaggio di Domenico Molo (Il Sacrilegio)

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Inauguro oggi una nuova sezione del blog: LENTE sulla narrativa . Farà da apripista ad una seconda , che si focalizzerà esclusivamente sul genere poliziesco, e i suoi dialetti . L'opera narrativa che metterò sotto la lente (ovvero di cui parlerò minutamente, non tralasciando eventuali considerazioni personali) è un racconto di Dino Buzzati pubblicato nel 1938 col titolo de Lo strano viaggio di Domenico Molo . Uscì settimanalmente (tra il mese di Ottobre e Novembre)  sul periodico OMNIBUS (fondato da Leo Longanesi, giusto un anno prima) . OMNIBUS ANNO I - N.34 (20 NOV 1937) Successivamente, fu inserito in una raccolta di racconti tutt'ora in commercio (I sette messaggeri) , col titolo de Il sacrilegio . Da una ventina d'anni colleziono Premi Strega. Ed è così che ho cominciato a leggere seriamente Buzzati, quando mi arrivò a casa il volume vincitore dello Strega nel 1958: Sessanta racconti , di Dino Buzzati. Dopo quella lettura, che per me fu folgorante, cominciai a inte

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