La "viandantitudine"

 

La viandantitudine

Sono un viandante, è così che mi piace definirmi.
    Difatti, il componimento che meglio mi sintetizza e traduce è NUDO.
    Un viandante, io, che vivo nella città in cui sono nato e frequento sempre gli stessi posti.
    Allora, perché viandante? Essere un viandante è una condizione dell'anima, un moto dello spirito. Mi permetto un neologismo estemporaneo: viandantitudine. Definirei la viandantitudine come l'attitudine della mente a scalciare e creare mondi. È, altresì, il ritrovarsi a condurre un'esistenza in un luogo pur coltivando il sogno, a qualsiasi età, di aver vita da vivere localizzata nell'altrove; la tendenza, pur disponendo di un tetto, a non fossilizzare oltre le proprie radici. La mente del viandante è elastica perché ne ha viste tante, e di tutti i colori. Sa che gli umani, a volte, sono fallaci, volubili, e ciò che giurano in prosperità assurge a mera ipotesi in tempi di magra; ragion per cui, lo stupore non fa più parte del suo arsenale.
    Il viandante esiste ed è immortale finché esiste il suo sogno, ch'è pure il fianco pervio. Se gli uccidi il sogno, lo renderai mortale: uccidigli il sogno, e lo vedrai invecchiare.

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