"Hai paura?": quella, era la domanda




A che serve girarci intorno: stavolta l'ho sentita.
    Ed era la prima volta, benché fosse nell'aria: era già qualche mese che mi avvertivo strano. Mia mamma mi diceva: non ti vedo bene in viso. Ma io non ci davo troppo peso, mi convinsi che fosse una condizione psico-fisica dovuta all'eccessivo stress, che non m'è mai mancato.
    Quella notte non erano più solo vibrazioni ovattate che orchestravano nella penombra. Quelle che, per inciso, s'annidano nel sospetto e ruotano in circolo mentre tu smarrito stai nel mezzo, ma che poi alla fine non senti mai: il petto s'acquieta e finisce là.
    Ma non era nemmeno una campana, come s'erano affrettati ad avvisarmi: era piuttosto una voce menata dal vento e che soffiava di lontano. Un po' come quando sei lì che pesti la banchina e alle orecchie ti arriva il fischio del treno che ancora non vedi. C'è gente vicino, s'arrabatta, maneggia maniglie, concitata alza la voce, si bacia. Tuttavia, sei conscio che tutto quello è già solo lo sfondo sbiadito di quanto è stato: perché sai che quel treno s'affretta per te. In molti saliranno, ma al capolinea sospetti che scenderai solo.
    Fu alle quattro che mi svegliarono. La notte era fonda, ma aveva luci come i raggi del meriggio.
    La mia bocca era impastata come in preda all'arsura. Eppure, avevo freddo. I tre in camice bianco mi gravitavano attorno, ma nessuno mi copriva. Non facevo altro che ripetere come fosse una litania le uniche parole che parevo conoscere: «Non per me, non per me...»
   Questa, era la risposta.

Commenti

  1. Risposte
    1. "Bene", purtroppo, non so se riuscirò (o potrò) mai dirlo, ma di certo sto meglio: grazie a Dio.
      Grazie, Gus... Un abbraccio a te.

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  2. È (E)mozionante, oltre che (E)fficace il luogo in cui collochi la paura: in stazione, dove il senso di incombenza è scandito dall'attesa.
    L'annuncio del treno assomiglia allo squillo di tromba dell'Arcangelo Michele: puoi conoscere il numero di sedile o possedere un biglietto, eppure nel momento in cui sali in carrozza, elemosini la conferma di essere per davvero sul tuo treno, pur sapendo che dovrai dubitare della meta finchè non l'avrai raggiunta.
    Un (A)bbraccio forte, (A)micheTTo (C)aro.

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    1. Sempre (M)eravigliosi e dotti i (T)uoi riferimenti.

      Certe cose te le senti.
      La paura è umana e se incanalata nel giusto verso può indirizzarci verso scelte più oculate; soprattutto se il terreno fosse quello dell'inesorabile.

      La domanda mi rimbombava nella mente. La risposta, eloquente: non ho paura per me. Ma per chi è (L)egato a me. Le persone, col tempo, sanno farsene una ragione. Ma per una mamma è tutta un'altra cosa. Perdere un figlio è devastante, ma sopravvivere a due e rimanere soli è (C)rudele; oltre ogni misura ipotizzabile.

      (T)i (A)bbraccio forte, (A)micheTTa mia...

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  3. Pregiatissimo zio Dr. Massimiliano, finalmente eccoti, ben ritrovato nel tuo blog. Un forte abbraccio di buona ripresa

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    1. Buona domenica, nipote caro, bello e prezioso per questo anziano zio malandato...
      Sì, ultimamente malconcio, ma ancora pronto a menare "carci"... Uno alla volta, magari... ;-) ;-)

      Infilando da parte gli scherzi, ti ringrazio di tutto, e metti la mascherina; naso compreso, mi raccomando, che ti si abbassa sempre!

      Un forte abbraccio!

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    2. Ciao zietto pregiatissimo, a parte il fatto che non sei anziano, ad ogni modo ti ringrazio per la raccomandazione e ti volevo dire che sono in zona arancio per cui adesso la mascherina va messa anche nelle vie solitarie e oscure. Tu piuttosto zio resta a riposo e cerca di riprenderti presto perché appena i colori me lo consentiranno, vorrei venire a trovarti. Un abbraccio forte

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    3. Nipote caro dalla folta chioma: proteggiti sempre! Io, come ben sai, sono a riposo forzato. Tengo duro! E tu che sei in balìa dei colori, vestiti a tema! ;-) ;-)
      Ti lascio il mio abbraccio, che a un tempo era poderoso.

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