Fellini: Il viaggio di G. Mastorna - Il film maledetto di Federico Fellini


Fellini



Questa è la storia di un film.

Ma non uno qualunque. Uno con budget da capogiro e attori in lizza per il ruolo di protagonista del calibro di Mastroianni, Peck, McQueen, Newman e Tognazzi.
La direzione dei lavori? Affidata al più blasonato dei registi in circolazione, con tre statuette hollywoodiane (saranno cinque, a fine carriera) a cui delegare le presentazioni.

Questa è la storia di un film ove si intrecciano la realtà e il peccato, la depressione, la morte e l'aldilà, la superstizione, ma soprattutto il sogno, che brucando oltre la mente si fa incubo.

Cominciamo il racconto da una località balneare, da una abitazione e da un uomo azzimato che siede in veranda. La località è Fregene, dove l'uomo si è trasferito da poco assieme alla moglie; prima vivevano a Roma, in un attico di lusso al quartiere Parioli: civico 141 di via Archimede. L'uomo seduto in veranda non è solo azzimato, ma è pure robusto e con la capigliatura folta pettinata all'indietro. I lineamenti del volto sono importanti.

Gli occhi, sgranati e grandi, puntano da qualche parte oltre la terrazza. Le dita di una mano tamburellano sopra un grosso elenco del telefono. A un certo punto rompe gli indugi. Mette mano al librone e con un gesto di stizza lo apre su una pagina a caso. Punta l'indice in cima al foglio e chiude gli occhi. Il dito comincia a scorrere verso il fondo, lentamente.
Stop.
Spalanca le palpebre e legge il nome dell'abbonato sotto il polpastrello: Giuseppe Mastorna.

Quell'uomo azzimato di professione fa il regista e ha appena trovato il nome del protagonista per il prossimo film, e pure il titolo: Il viaggio di G. Mastorna.

Quell'uomo è Federico Fellini. E quel film non verrà mai realizzato.
Sarà il film mai girato più famoso della storia del cinema italiano.

Ci troviamo alla metà degli anni '60, ma il germe dell'idea che ispirerà il Mastorna risale a quasi trent'anni prima; a quando Fellini era solo poco più che un ragazzo e rimase folgorato da un racconto di Dino Buzzati: Lo strano viaggio di Domenico Molo (1938).

Mi permetto una breve digressione. Dino Buzzati fu un autore decisamente prolifico, scrisse romanzi memorabili, ma è nella narrativa breve che, a mio avviso, esibì doti da fuoriclasse, con la sua prosa limpida e asciutta, capace di evocare atmosfere surreali e fantastiche. Confesso che, per quel che concerne la produzione di racconti, Buzzati, Moravia e Scerbanenco, sono i miei autori italiani preferiti. Lo strano viaggio di Domenico Molo è il racconto che più mi ha emozionato. Oggi è possibile trovarlo nella raccolta di racconti: I sette messaggeri. Ma il titolo è stato cambiato in Il sacrilegio. Per chi volesse saperne di più, ne ho parlato ampiamente in un articolo da |QUI| raggiungibile.

Per i fini del collegamento col Mastorna, invece, la trama ridotta all'osso è questa: Il racconto inizia con il dodicenne Domenico (figlio di un ricco industriale, l'ingegner Molo) che si appresta a confessarsi in occasione della Prima Comunione, che riceverà l'indomani. Durante la confessione, però, tace per vergogna il peccato di essere superstizioso. Assalito dai dubbi, si confessa nuovamente dopo pochi minuti, ma non specifica di aver taciuto, scientemente, il peccato nella precedente confessione. Domenico riceve la Comunione, ma si sente tormentato dal senso di colpa per aver commesso un sacrilegio. Comincia a somatizzare il tormento e si ammala gravemente. Muore, e comincia la seconda parte del racconto, in una città ultraterrena sulla riva del mare, una città che non possiede un nome proprio.

Questo racconto creerà a Fellini quel genere di turbamento che coadiuvato dalla sua fervida attività onirica lo porterà a redigere una prima bozza della trama del film: Un aereo di linea si ritrova all'improvviso immerso in una tempesta. All'esterno della fusoliera la visibilità è ridotta a zero. I passeggeri tremano, terrorizzati. Uno su tutti: un violoncellista di 45 anni (il protagonista della storia, che nel su citato racconto giovanile di Buzzati aveva le sembianze d'un ragazzino di 12 anni). L'aereo sobbalza, pare ingovernabile. Un fulmine squarcia le tenebre e s'intravede il profilo d'una montagna, troppo vicina. I passeggeri serrano gli occhi, qualcuno prega: è la fine. E invece, no. Le turbolenze s'acquietano. L’aereo si stabilizza, vira ed effettua un atterraggio di fortuna in una città del nord dove in lontananza si scorgono le guglie di una cattedrale gotica che ricorda quella di Colonia. L’uomo, frastornato, percorre le strade della città, ma qualcosa lo turba: il luogo gli sembra allo stesso tempo sconosciuto e familiare, la gente parla una babilonia di lingue, tutte incomprensibili. La stessa sorte tocca ai cartelloni stradali, oscuri e indecifrabili. Quel luogo lo sgomenta. Tenta di raggiungere la stazione per proseguire il viaggio. Ci riesce, ma lì succede qualcosa di ancor più inquietante. Sul binario c'è un treno, e un ragazzo lo saluta. L'uomo trasale. Deglutisce. Trema. Quel ragazzo lo conosce: si tratta di un suo vecchio amico, morto tanti anni prima... L'aereo, quindi, non è atterrato: si è schiantato al suolo e quell'uomo si sta muovendo in una dimensione ultraterrena.

Fellini ha da poco girato il suo primo lungometraggio a colori, Giulietta degli spiriti, che però non va affatto bene. Viene affossato dalla critica e divide il pubblico. Rompe i rapporti con i collaboratori storici, lo scrittore e sceneggiatore Ennio Flaiano e il produttore Angelo Rizzoli. Qualcosa in lui sembra essere cambiato. Qualcuno asserisce a mezza bocca che abbia perduto il contatto con la realtà. Un giorno, col benestare medico, si fa somministrare una dose di LSD con l'intento di esplorare nuove dimensioni della coscienza. Ma tutto questo serve a poco: si sente sempre più isolato, insoddisfatto e depresso. Occorrono motivazioni forti che lo catapultino in una nuova fase della vita: si convincerà di averle trovate nel progetto Mastorna e vi si getterà a capofitto.

Quella decisione fungerà da detonatore che scatenerà il susseguirsi di sciagure interiori. Adesso, ha un nuovo produttore: Dino De Laurentis.

De Laurentis è scettico riguardo al soggetto del film. Ma si rende presto conto che il suo giudizio è condizionato dalla superstizione: pensa che il tema della morte porti male. Tuttavia, è conscio d'avere per le mani il re del cinema mondiale e opta a piè pari per non farsi sfuggire l'occasione: Il viaggio di G. Mastorna, si farà! O perlomeno, questo è quello che (entrambi) pensano.

Siamo nel 1965. Fellini convoca Dino Buzzati (che scrisse il racconto ispiratore) e gli propone di scrivere il copione del film a quattro mani. Buzzati accetta e comincia la collaborazione. La stesura procede a gonfie vele per un po', ma a un certo punto accade qualcosa che allontanerà Fellini dalla vita reale spingendolo verso il dominio del soprannaturale. Buzzati (che è anche giornalista al Corriere della Sera) deve scrivere un reportage su maghi e veggenti d'Italia. Domanda così a Fellini la cortesia di fargli da guida, in quanto girava voce nell'ambiente che in occasione di Giulietta degli spiriti avesse conosciuto parecchi personaggi bizzarri.

Il personaggio più carismatico di quel viaggio nell'ignoto è senza dubbio il torinese Gustavo Adolfo Rol. Un sessantenne distinto, di famiglia e cultura elevata, e dalle capacità che sfuggono all'umana comune comprensione. Fellini ne rimane affascinato e intimorito allo stesso tempo. Lui stesso dirà: «Quello che sa fare quell'uomo è pauroso. Ha occhi che non si possono guardare a lungo, perché sembrano occhi di una creatura aliena.» Un giorno, sconvolto, riferirà di averlo veduto traformarsi davanti il suo naso, prima in un nano e poi in un gigante. In un'altra occasione, invece, racconta che mentre si trovavano a parlottare in un parco scorse un calabrone che stava per pungere un neonato: indicò lì per lì la scena a Rol, che con un solo schiocco di dita fece stramazzare il calabrone a terra.
Fellini rimarrà legato (con sentimenti di amicizia, profonda stima e deferenza) a quell'uomo per trent'anni.

Fellini

La preparazione del film prosegue. Sta costando tantissimo. De Laurentis mette a disposizione i nuovi studi cinematografici (Dinocittà; in grado di competere con quelli di Cinecittà) che ha fatto costruire nella campagna a sud della capitale (lungo la Pontina, in un terreno di 50.000 ettari). Fa realizzare per filo e per segno le scene del sogno diventato sceneggiatura, comprese la cattedrale con le guglie e l'aereo di linea. Per il ruolo di protagonista la spunta Marcello Mastroianni.

Ma... Fellini è inquieto. Ansioso. Qualcos'altro non va: visioni e sogni nefasti monopolizzano le giornate.

Marzo 1966. Comincia a fare sogni ricorrenti e puntualmente appuntati sul taccuino al risveglio (Fellini era un disegnatore molto dotato, il prodotto della sua attività onirica di tre decenni troverà pubblicazione ne Il libro dei sogni). Si vede alla guida di un aereo in difficoltà e, dopo varie peripezie, riesce ad arrestarlo a un palmo dallo schianto contro una galleria. Lì nota due anziane donne intente a fare la maglia, che ricordano le Parche, quelle divinità che nella mitologia romana controllanvano il destino degli uomini tagliando il filo della loro vita. Le loro decisioni erano immutabili: neppure gli dèi potevano cambiarle.

Cosa voleva dirgli quel sogno? La domanda gli rimbombava nella mente. E se quell'aereo fosse proprio il suo Mastorna? E se fosse proprio quello il film che lo porterà a schiantarsi definitivamente?
Seguiranno altri sogni, presagi ed episodi funesti che lo destabilizzeranno. Mentre riposa negli uffici della produzione, ha una visione che gli gela il sangue: vede il duomo di Colonia crollargli addosso con le guglie al seguito. Anche lì, si salva in extremis grazie a un salto triplo da acrobata; quando apre gli occhi si ritrova inspiegabilmente al centro della stanza.

In un altro sogno si trova aggrappato alla carrozza di un treno in corsa verso l'ignoto: la porta è bloccata, nessuno gli apre, nessuno lo sente: è spacciato.

Ha paura. Quel film non è più un sogno è l'incubo peggiore. Comincia a farsi strada in lui il pensiero che l'unico modo per tornare a vivere sia quello di liberarsi del Mastorna: ma ci vuole coraggio, e non uno qualunque, uno da leoni! Il coraggio e la determinazione s'impadroniranno della scena solo qualche giorno più tardi, quando mettendo mano alla tasca interna della giacca, vi trova materializzato un biglietto che sapeva non esservi prima: «Non fare questo film», firmato in calce da Gustavo Rol!
Quella, per Fellini, era una sentenza. Non sono più solo incubi, presagi, episodi di sincronicità: stavolta si tratta di un sensitivo della caratura di Rol. Se Rol dice no, è no. Dentro gli era ormai cristallino, se l'avesse realizzato sarebbe stato l'ultimo suo film. Questo era il senso del biglietto, ne era certo.

14 Settembre 1966. Fellini scrive una lettera al produttore Dino De Laurentis dove gli comunica di aver deciso di rinunciare a girare il film. 
De Laurentis cerca di farlo tornare sui suoi passi, ma non c'è verso. Da quell'orecchio non ci sente.
Il danno subito è ingente, anche il rapporto umano è arrivato alla frutta. Il produttore intraprende un'azione legale dichiarando un danno miliardario. Oltre all'intera troupe licenziata dall'oggi al domani, con intere famiglie rimaste senza lavoro.

25 Settembre 1966. La rottura sembra definitiva. Agenti di polizia si palesano a casa Fellini con un mandato di sequestro: quadri e soprammobili di pregio.
Trascorrono alcuni mesi in regime di guerra fredda, poi, nel Febbraio del 1967, De Laurentis tenta la riappacificazione. I due si incontrano a Villa Borghese. Discutono, si chiariscono, si abbracciano e decidono di tornare al  progetto Mastorna. Stavolta per il ruolo del protagonista è il turno di Ugo Tognazzi.

10 Aprile 1967. Sono le 22:00, Fellini è a letto, solo, si contorce in un sonno agitato. Respira a fatica. Si sveglia all'improvviso con un dolore straziante alla schiena. In qualche modo raggiunge il telefono, ma dopo pochi passi le gambe gli cedono e finisce a terra. Pensa che sta per morire. Perde i sensi.
Lo troveranno ore più tardi buttando giù la porta a spallate. 

Si risveglia in ospedale mentre lo sottopongono a ogni sorta d'esame. La situazione appare subito grave e già ipotizzano malattie che non danno scampo. Vengono convocati al capezzale gli amici storici. Arrivano anche gli auguri del Santo Padre. Alla fine arriva pure la diagnosi: un fenomeno rarissimo, la sindrome di Sanarelli-Shwartzman. Esiste una cura. Gli viene somministrata la terapia corretta e nel giro di qualche settimana torna a casa.

Torna, ma con una convinzione: dare l'estrema unzione al Mastorna. Rol l'aveva avvertito, se l'avesse realizzato sarebbe morto. E c'era andato vicino!
21 Agosto 1967. Fellini fa l'ennesimo sogno. Deve aiutare alcuni bambini. Riesce nell'impresa, ma lo scotto da pagare è altissimo: viene decapitato. 

Il senso del sogno gli sembra chiaro. Quei bambini sono i film che deve ancora girare, mentre l'uomo decapitato è Giuseppe Mastorna. Quello stesso giorno d'estate, Federico Fellini firma con De Laurentis un nuovo contratto che sostituisce il precedente. Al posto de Il viaggio di G. Mastorna, girerà tre nuovi film.

Passano alcuni anni, Fellini torna sereno e gira film di successo, tra cui Amarcord del 1973 (premiato poi con l'Oscar come miglior film straniero).

Siamo nel 1976, è seduto a un tavolo con lo sceneggiatore e poeta Tonino Guerra. Sentendosi ormai al sicuro, abbassa la guardia e per intrattenerlo gli racconta una storia: la trama del Mastorna, per filo e per segno. Tonino Guerra l'ascolta rapito. Quella storia gli piace non poco e si mostra ansioso di scoprirne i dettagli. Ma ecco che squilla il telefono: Fellini riceve una brutta notizia.
Il regista afferra il copione, lo scaraventa in un armadio e lo chiude a doppia mandata.
Il Viaggio di G. Mastorna finisce qua.

    Il Mastorna era un sogno che voleva diventare un film e che alla fine è diventato un incubo. Sarebbe potuto accadere il tutto, o il niente. Ma bisognava scommettere: vivere o morire? 
   E Fellini scommise sulla vita.


[Post Scriptum]
Lo scrittore e ricercatore Ermanno Cavazzoni (sceneggiatore dell'ultimo film di Fellini, La voce della Luna), a proposito del Mastorna, disse: "Il protagonista del Mastorna è un violoncellista che con l'aereo cade e si ritrova nell'aldilà che è identico all'aldiquà e lì incontra delle specie di peccati che sono le direzioni di vita sbagliate, come le ideologie, la religione, l'amore carnale, la gloria e la famiglia. Sbagliate perché, ad esempio, la famiglia si risolve nel cimitero: questo è il destino della famiglia. Finisce con l'indicazione di una possibile vita: l'ammirazione per il bellissimo spettacolo che è il mondo".

Commenti

  1. C'è una somiglianza tra Akira Kurosawa e Fellini. La bellezza che sfida il cinema moderno. A questi due registi della magia si avvicina anche Giuseppe Tornatore.
    Hai raccontato il mondo di Fellini con estrema maestria.
    Complimenti.

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    Risposte
    1. Buon pomeriggio, Gus... Ti ringrazio e aggiungo: condivido in toto il tuo pensiero. Compreso quello su Tornatore.
      Fellini e Kurosawa erano legati da un sentimento di profonda stima reciproca. I grandi, allorquando in buona fede, sanno sempre riconoscersi.

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  2. AVVISO:
    La suonata del web f. V. O non si smentisce mai.
    Ora ha incaricato un tizio con macchina rossa, (presa la targa) per suonare continuamente i citofoni di case. Può e potrebbe fare anche di peggio. Lei non ha amici, ma solo poveri conoscenti interessati ai SOLDI. IN MOLTI LA DETESTANO.
    Leggete da antonypoe. Antonypoe.blogspot.com
    Ora parlerò con una sua ex amica e vediamo sul da farsi.
    Che si sappia perché domani potrà capitare a voi e anche di peggio
    Hanno pure segnato con un chiodo una macchina precisa, identica alla mia tranne la targa ovviamente.
    State attenti. Io so la via e il numero del suo studio a Torino dove dipinge.
    La suonata è facilmente rintracciabile, ma anche suo padre è su fb, se non si riuscisse a rintracciare lei. Ma non solo su fb. So dove abita. Mi pare che il Signore quasi novantenne sia ancora lucido. Forse il suo unico amico.

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  3. Non ho mai amato molto Federico Fellini ma dopo aver letto il tuo post, lo sto rivalutando come uomo e come regista e sto cominciando a capire meglio la sua visione onirica della vita che poi traspositava nei suoi film.
    Buon fine settimana :-)

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  4. Ti posso comprendere. Fellini era un visionario, e la sua produzione ne rappresenta la più realistica applicazione.
    L'aneddoto sul Mastorna mi colpì fin dall'inizio, ed essendo poco noto ho pensato di raccontarlo, magari a qualcuno avrebbe fatto piacere leggerlo...

    Sereno fine settimana, un sorriso di buon auspico :-)

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  5. Ottimo spaccato sulla vita del grande Fellini, grande conoscitore dell'animo umano e visionario eclettico. Ho sempre visto i film del regista due volte: la prima volta per capirne il messaggio, la seconda per il puro piacere di godermi i suoi film.
    Complimenti per il post e complimenti per il blog, un salotto gestito con garbo.
    Buona domenica, Joanna!

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  6. Le persone che lasciano segni indelebili fanno sempre discutere, spesso dividono. Questo è inevitabile, ma è anche il pregio dei grandi.

    Mi fa piacere ti sia trovata bene: sei la benvenuta al mio umile desco.

    Splendida sera, un sorriso...

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  7. Ho sempre adorato Fellini e non sapevo di questa avventurosa storia su questo possibile film poi mai realizzato. Peccato, l'idea iniziale della sceneggiatura sembrava molto avvincente, ma viste le disgrazie che sembravano ad essa collegate, meglio ha fatto forse a lasciar perdere.

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  8. Certe volte la superstizione è solo una flebile fiammella. Certe volte è molto di più. Ecco, questa è una storia del secondo tipo. La trovo estremamente affascinante, e perché no, inquietante.

    Il mio augurio per una sera serena.

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