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Il vecchio, e il ragazzino (Prologo de La notte del sesterzio)

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Il vecchio, e il ragazzino Latina, 5 novembre 2014 Al vecchio brillarono gli occhi.     Si fecero zuppi e il verde dell’iride parve striarsi d’azzurro, come il colore che alle volte prende il mare. Ed era sempre così, quando qualcosa o qualcuno gli riavvolgeva il nastro dei ricordi.    Se ne stava appollaiato a un margine del marciapiede quando il ragazzino gli porse il piccolo fagotto avana. Un mezzo toscano gli tremava fra le labbra secche, tagliuzzate. La schiena, ch’era arcuata, dondolava contro un lampione verde bosco scorticato da graffiti, e sulla cui sommità l’illuminazione vestiva le pieghe d’una coppia di caschi arrangiati schiena contro schiena, a mo’ di campanelle. Le stesse che, a un tempo, illuminavano le vetrine della Standa .    Eh, già… Perché una volta là c’era la Standa che occupava due piani del palazzo, mentre all’ultimo, ci abitava lui. Ma solo come pied-à-terre , perché lui, il vecchio, di appartamenti non ce ne aveva mica uno solo. Così come di

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