I miei ricordi di Natale


Ci fu un tempo che mi vide piccino…
    Non saprei come parafrasarlo, ma allorquando nostalgico, talora malinconico, mi ritrovo ad abbandonare il corso d’opera a favore della mia infanzia, dinanzi agli occhi della mente affiorano un solo mese e un solo luogo, e al corpo una sola percezione: dicembre e il freddo fuori dalla finestra, e i miei affetti raccolti tutti di fronte al camino, al caldo.
    Vedo la mia mamma che stende castagne, patate americane, e mentre racconta aneddoti su antenati e Janare che giura essere veri, mi rimprovera di star troppo sotto, troppo vicino al fuoco e al suo scoppiettio. Mi sembra davvero di sentirla: «Togliti di là! E tu, Stefà stai attento a Massimino!», ah be’, le mamme, che bella invenzione le mamme. Su questo, poco è davvero cambiato, per lei sono Massimino anche oggi che ho superati i quaranta e il metro e ottanta.
    E io, puntualmente, come se mai glielo avessi domandato prima: «Mamma… Cosa sono quei fischi che fa il fuoco?».
    «Quelle sono le malelingue, Massimino.»
    «Le ma-le-lin-gueee?», mi ripetevo sottovoce. «Parlano male di noi?», e arrivavo sempre al punto di domanda con la bocca aperta e il visetto stupito.
    «No, solo di te!», mi rispondeva mia sorella intromettendosi tra me e la mamma. «Adesso scaldati e stai zitto, perché devo studiare», ma poi si inteneriva per il mio esserci rimasto male e così, sorridendo, mi passava la mano tra i capelli, scompigliandoli. E facendomi sentire ancor più piccolo di quanto in realtà io fossi. E mi piaceva, perché ero un bambino. Perché il mondo e il suo lerciume non m’avevano ancora invaso le froge. Perché l’odore di certi istanti te lo ritrovi impregnato nei ricordi, fino alla fine. Quasi a volerti dire: questo è ciò che è stato, questo è ciò che mai tornerai ad avere. Fattelo bastare.
E invece, non basta mai. 
   Le cose belle non bastano mai perché durano poco. Troppo poco. A cinque anni, come a quaranta. Sempre.
   Ho sempre avuto le mani gelate. Mani e piedi ghiacciati. Mia sorella, ch'era più grande di me, ci scherzava: «Hai le mani ghiacciate perché il sangue ti è finito tutto sulle labbra!», e tutti ridevano, e ridevo anch’io. Ma non sapevo il perché. Era bello e basta. Poi, a distanza di qualche anno, mi raccontarono che m'avevano portato dal pediatra perché esibivo sempre labbra rosso cremisi, tumide e cocenti, come se avessi perennemente la febbre. Ma il medico rassicurò tutti dicendo che apparivano così perché irrorate dal sangue più del normale. Era forse un'anomalia, ma che non c'era da preoccuparsi. 
    Tuttavia, la spensieratezza di quei giorni di festa, le risate attorno a quel focolare, tutto faceva parte del conto. Perché le cose che contano non sono mai in saldo. E la vita, segna tutto. Il pareggio non esiste.
   Esistono le lacrime. Ma questa è un'altra storia.
   E allora, in attesa di raccontarvene altre e piacevoli:
   Buon Natale, davvero, e a tutti.


[Post Scriptum]
Eh, già: è di nuovo Natale. E di nuovo vi ho lasciato in compagnia dei ricordi di quando ero bambino. Sempre gli stessi, perché io mai fui più lo stesso. Ricordi di quando tutto era bello. Di quando io e mia sorella Stefania scherzavamo, litigavamo, sorridevamo e piangevamo, entrambi sulla stessa Terra. Oggi, della mia famiglia di origine, ho perduto tutto: mamma, papà, e l'unica sorella. Un nuovo anno non è solo un anno in più sul groppone, ma è anche un anno in meno che mi separa dal riabbracciarli. E allora, io lo rispetto, perché esso non m'è ostile.

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